Contrordine, eravamo a Ballarò

Immagine

Sulle vicende politiche che hanno scandito le settimane successive al voto del 25 febbraio, e travolto il Pd di Pier Luigi Bersani, si è prodotta una fiorente narrativa. Ricostruzioni, retroscena, rivelazioni o presunte tali. Qui non parliamo di libri, ma di parole. Quelle pronunciate dal presidente del Consiglio Enrico Letta proprio alla presentazione di uno di questi volumi, Giorni bugiardi, scritto dalla direttrice di YouDem, Chiara Geloni, e dal portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia.

Ha sostenuto Letta che, dopo il voto, “Bersani si è immolato dimostrando che ogni altra ipotesi di governo non era percorribile”. E ha aggiunto: “Questo governo esiste perché c’è stato quel tentativo di Bersani, altrimenti popolo ed elettori del Pd non avrebbero mai sostenuto il governo”. Letta introduce un inedito spiegando che mentre Bersani trattava per il “governo del cambiamento” era consapevole che, dietro l’obiettivo dichiarato, si preparava un altro approdo. L’accanimento con cui Bersani è rimasto in campo quasi due mesi era – sempre seguendo Letta – finalizzato a mettere a verbale che il Pd ce l’aveva messa tutta, nel cercare di convincere il Movimento 5 Stelle ad appoggiare un esecutivo di sinistra o a garantirsi la neutralità di un pezzo di centrodestra verso un governo di minoranza, e a dimostrare infine che altra soluzione rispetto alle larghe intese non c’era.

Come ha giustamente scritto Stefano Menichini su Europa, ci sono due modi di accogliere la ricostruzione di Letta. Il meno benevolo è prendere per buona questa nuova versione dei fatti, come si dovrebbe fare con le parole di un presidente del Consiglio, per giunta pronunciate in presenza del protagonista della storia. In questo caso, però, chissà se Letta e Bersani se ne sono resi conto, per gli elettori Pd è come sentirsi dire di essere stati paurosamente presi in giro. Quando Bersani giurava fosse possibile il governo del cambiamento, spergiurava. Quando chiedeva tempo e pazienza per tessere la sua trama, simulava. Quando ribadiva che tutto ma le larghe intese mai, dissimulava. Quando incontrava in streaming la delegazione grillina e alla lezioncina di Roberta Lombardi replicava “non siamo a Ballarò”, mentiva. Eravamo a Ballarò.

Il modo più benevolo è non crederci. Menichini avanza l’ipotesi che questa originale rilettura dei fatti serva a blindare la formula del governo in vista di tempi difficili. Possibile, sebbene propendiamo per una spiegazione differente: Letta si è lanciato in un’operazione di revisionismo storico. Ha preso un leader sconfitto e ha cercato di farne un eroico kamikaze. I pasticci, gli inciampi, le disfatte della scorsa primavera diventano in questo modo tappe di una consapevole via crucis, un ciclopico esercizio di maiuetica collettiva per condurre il popolo democrat davanti all’evidenza del principio di realtà, al prezzo della propria autodistruzione. Dal punto di vista degli elettori Pd, però, l’interpretazione benevola non è più confortante: per non sentirsi presi in giro, hanno bisogno di credere che il loro presidente del Consiglio abbia raccontato una favola.

Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

2 risposte a Contrordine, eravamo a Ballarò

  1. Alessia ha detto:

    Caro Stefano, come sempre, il tuo pezzo è interessante anche se a mio avviso non è sostenibile che Bersani inseguisse il cambiamento. La farsa dell’incontro con i 5stelle lo dimostra inconfutabilmente, se avesse voluto veramente un accordo non avrebbe chiesto loro solo l’appoggio al suo governo ma una reale simbiosi fra i relativi programmi.
    Ma tu ce lo vedi il PD rinunciare ai rimborsi elettorali restituendoli come i grillini hanno coerentemente fatto, a sollevare il conflitto di interessi e a prendere nettamente le distanze dal
    pregiudicato sessuomane, a votare un Presidente della Repubblica indicato dal M5S e tutte le mille altre proposte che avrebbero dato inizio a una rivoluzione in questo marcio morto Paese?
    Ciao core…Il PD non è la sinistra che intendiamo sinistra nel senso vero del termine.
    E’ un mostro, un ibrido mal riuscito senza identità e Berlinguer je sputerebbe.
    Scrivi più spesso è un piacere leggerti

Scrivi una risposta a Alessia Cancella risposta